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Non è una favola

Finalmente era arrivata la liberazione e la guerra era finita ,i tedeschi se ne erano andati.

Erano arrivati gli americani e di loro non avevamo paura ,la loro parte l’avevano già fatta dall’alto con aerei, bombe, mitragliamenti e anche cannonate. Le cannonate arrivavano anche nel nostro orto davanti a casa, essendo in prima linea.

Gli americani con noi erano abbastanza gentili, ci regalavano cioccolata e caramelle ,addirittura uno di loro mi regalò un pacchetto di calzini grigi di lana morbida.

Io fui contenta di quei calzini e dissi a mia sorella : “Con questi facciamo una bella cosa ,li disfiamo e poi ci facciamo due magliette che useremo ,io e te ,per fare un lungo viaggio.

Mia sorella mi chiese :”Ma dove andiamo?”….. le risposi che quella sera dopo cena lo avrebbe saputo. Dovevo ancora fare la proposta al babbo e la mamma.

Alla sera dopo cena ci mettemmo a sedere attorno a un bel fuoco e con un po’ di ansia mantenni la mia promessa. Stavamo già facendo ,con i ferri ,le nostre magliette e la mamma faceva la calza. Io interruppi il silenzio e dissi ai miei genitori :”Mi è venuta un’idea e vorrei parlarne con voi per sapere se siete del parere”.

La mamma appoggiò la calza in grembo e disse:” Sentiamo che cosa hai pensato…..!” lo disse sempre con il suo solito tono un po’ asciutto

...” Io avevo pensato di andare a Bologna dalla Giuseppina per vedere come sta lei e la sua famiglia, perché non avendo più notizie da tanto tempo sto molto in pensiero...

Poi avevo pensato di prendere anche Maria con me…io e Maria ci facciamo compagnia e ci aiutiamo se ce n’è bisogno”.

La mamma : ” Ma ti rendi conto che ci sono kilometri…”

Le risposi che lo sapevo ,ma per avere notizie non c’era altra soluzione.

Le corriere non giravano ,la posta non arrivava .

Creto aggiunsi, che bisognava fare una certa preparazione prima di partire .

La mamma : ”Sentiamo anche questa già che ci sei !”

Incominciai: “Ci vogliono due borse da portare a tracolla, perché a braccia diventano troppo pesanti”.

La mia idea era prendere un sacco da farina di canapa, tagliarlo a metà e farne un gasgo (cucitura) con la macchina da cucire ,per le finiture attaccare due cinture in cima e portarle come quando andavamo a scuola .

Poi, sarebbero state da riempire con crescente e formaggio … e anche un po’ di frutta e via andare!

L’altra borsa con il bere ,avremmo fatto del caffè d’orzo con un bel po’ di zucchero dentro una bottiglia e infine dell’acqua ,anche se in montagna ci sono le sorgenti e nei paesi le fontane, e infine qualche indumento.

A proposito le nostre “magliette”  vennero due gioiellini! Erano messe in mostra sulle croci in camera nostra per chi voleva ammirarle .

Ci avevamo fatto delle righine rosso così risaltavano di più.

La mamma faceva della crescente buonissima con il formaggio pecorino, perché dei nostri animali c’erano rimaste solo le pecore.

Incominciarono le raccomandazioni di mia madre: ”Non parlate con nessuno ,non date retta a nessuno!”

Risposi: ” Va bene, però voi cercate di stare un po’ tranquilli che non ci succederà nulla , torneremo prima che possiamo”.

Salutammo e abbracciammo tutti e partimmo ,non a cuor leggero come volevamo far credere.

Fino a Vergato fu un viaggio tranquillo, le strade erano malmesse e i mezzi (macchine e camion ) non potevano viaggiare.

Invece a piedi si faceva abbastanza bene, arrivati a Vergato andammo in paese , poi arrivati alla stazione che trovammo chiusa perché anche le rotaie erano saltate in aria…

I bagni (se così si potevano chiamare!) erano aperti, quindi ci potemmo lavare e ci ritenemmo fortunate .

Dopo esserci lavate facemmo uno spuntino con crescente e formaggio e bevemmo un po’ di caffè che era ancora abbastanza caldo, ritornammo sulla Porrettana e li cominciò il nostro vero viaggio !

Quasi tutti i camion ci chiedevano se volevamo un passaggio .

Noi dicevamo di no con un cenno della testa e ringraziavamo.

A forza di camminare eravamo molto stanche e prendemmo una decisione non facile!

Il primo camion che passò era pieno di americani, ci salutarono a modo loro e sorridenti ci proposero di salire. Nel frattempo se ne fermò un altro ,anche loro ci fecero la stessa domanda, questa volta stanche morte dicemmo di sì.

Però non eravamo d’accordo su una cosa:  volevano che salissimo una sul primo camion e una sul secondo.

Le cose così a me non andavano bene… perché volevo mia sorella vicino.

I soldati del primo camion accentarono la mia proposta, io mi misi a sedere sulla punta del sedile perché non volevo disturbarli troppo, mia sorella si sedette sulle mie ginocchia con le borse vicino ai piedi.

Facemmo capire ai soldati che dovevamo andare a Bologna per fortuna anche loro erano diretti là.

Noi scendemmo a Casalecchio di Reno perché c’era una scorciatoia per arrivare a casa di mia sorella .

Ringraziammo i nostri soccorritori perché erano stati carini e corretti, infatti dentro di noi prima di salire su quel camion avevamo timore.

Arrivammo al Ponte lungo dove sotto ci scorre il fiume Reno e rimanemmo a vedere come era ridotto : non si poteva attraversare il fiume nemmeno a piedi.

C’era tanta gente che lavorava e avevano costruito una passerella di legno che stavano rinforzando.

Poteva passare una persona alla volta accompagnato da un addetto.

Quando toccò a noi feci passare per prima mia sorella: mi piaceva averla davanti agli occhi! Poi fu il mio turno, e giunte dall’altro lato salutammo e ringraziammo.

Eravamo quasi arrivate ,ma eravamo sfinite! Intanto sentivamo le voci dei ragazzi che ci avevano fatto attraversare che cantavano rivolti a noi : eravamo due sorelle poco belle! “Chissà da dove verranno queste qua.?”  avranno pensato...

Noi ci credevamo così carine che non ci girammo neanche per non dargli la soddisfazione che avevamo sentito quelle parole poco gentili.

Poco dopo arrivammo da mia sorella e suonammo alla sua porta, sentimmo la voce dei bambini e infine mia sorella che emozione!!!!!!!!!!!!! Ci abbracciammo, ridevamo e piangevamo assieme e fu tutto bellissimo.

Il ritorno fu più facile accettammo i passaggi che ci davano con meno paura.

Avevamo fretta di tornare a casa sane e salve.

Anche se non eravamo belle io e mia sorella avevamo diciotto e sedici anni, e quello era il nostro bello!

 

 

Racconto di Iride Bernabei, Centro integrato per anziani di Granarolo dell'Emilia

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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