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Il castagneto

Per me l’autunno è sempre stata la stagione più malinconica dell’anno, perché porta nebbia e pioggia, le giornate si accorciano e cadono le foglie. Le persone che hanno molta fantasia dicono che sono belle perché tutte colorate.

Invece a me quando guardo tutti gli alberi spogli mi sale un po’ di tristezza. Sarà anche che in questo periodo dell’anno ci sono delle ricorrenze tristi, esempio a novembre la ricorrenza dei defunti e chi più, chi meno, ne abbiamo tutti.

Oggi sono qui per raccontare di un bell’autunno, di un bell’incontro che feci quella lontana mattina in un castagneto.

Questo incontro ha fatto si che io vedessi l’autunno con altri occhi.

Io ero una ragazzetta di 17 anni quasi 18, in quel periodo dell’anno cadevano le castagne, io ero un contadina e avevamo un castagneto che faceva parte del podere dove abitavamo.

Il nostro castagneto lo tenevamo pulito dalle foglie e dai ricci quando erano vuoti, perché funzionava così. Dopo avere raccolto le castagne si facevano seccare nel graticcio (così si chiamava), poi si prendevano e si liberavano con un aggeggio, del quale non ricordo il nome, della buccia.

Così sbucciate venivano belle bianche, poi si portavano al mulino e diventavano farina. Con la farina delle castagne facevamo la polenta, i castagnacci e le frittelle, insomma era nutrimento.

Tornando all’incontro fatidico, quella mattina presi un paniere e un sacco per metterci dentro le castagne e mentre ero intenta a raccoglierle, ad un certo punto sentii

Dei passi vicino a me, alzai la testa e vidi il più bel ragazzo che mi fosse capitato di vedere nella vita.

Mi disse : - Ciao io sono Ivo.

L’autunno sparì era estate c’era il sole. La mia testa era nel

“pallone”.

Aveva un carniere legato in cintura con poche castagne dentro, poi continuò a parlare e mi disse: forse ho sconfinato, perché vedo che qui dove sei tu le castagne sono belle fitte!

Alla fine mi ripresi dalla sorpresa, mi tornò la voce e gli dissi che voleva poteva raccogliere le castagne li con me così avrebbe fatto prima a riempire il sacchetto e lui accettò molto volentieri.

Dopo mi aiutò a riempire il mio.

Ragazzi che tremarella alle gambe.

Mentre facevamo il nostro lavoro mi disse dove era la casa dove abitava ed era po’ distante da casa mia.

Io ne avevo sentito parlare di Ivo, sapevo che andato a lavorare nei pressi di Bologna a 14 anni.

Era orfano di padre da quando era piccolo. Il papà era rimasto schiacciato dal tetto del fienile che era stracarico di neve.

Cominciammo a vederci di nascosto, ma non perchè i miei genitori non volevano, ma solo perchè c'era la guerra ed avevamo i tedeschi in casa.

Questo periodo fu breve perchè Ivo partì con i partigiani lasciandomi con il ricordo del nostro primo incontro.

Per fortuna l'attesa non fu lunga, un mese. Ora dico appena, ma allora furono trenta giorni che passarono talmente adagio! Perchè contavo i minuti e le ore nell'attesa di rivederlo.

Quando i tedeschi se ne andarono da casa nostra e anche da tutto il paese Ivo finalmente, ritornò da me e dalla sua famiglia.

Io ero già ad aspettarlo, poi lo vidi entrare nel cortile, gli volai fra le braccia che mi accolsero con una grande stretta.

Tutti e due eravamo commossi ed emozionati, per me la gioia fu grandissima e penso che per lui fu la stessa cosa.

In quel momento pensai che mi volevo sposare presto per stare sempre con Ivo.

 

 

Racconto di Iride Bernabei, Centro integrato anziani di Granarolo dell’Emilia

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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