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Un arrosto speciale

Un uomo e una donna avevano un figlio piuttosto pigro, di nome Targén, che non voleva andare a scuola e nemmeno a lavorare. Suo padre si lamentava sempre con un signore suo amico dicendo: «Oh mio Dio! Ho un figlio che non vuoi mai fare niente! Come posso fare?».

Un giorno, il signore gli rispose: «Mandatelo da me e vedrete: imparerà a lavorare! Mandatelo a casa mia domani!».

Così fu. Il mattino dopo Targén si presentò a casa del signore.

Questi stava per partire, ma, prima di andarsene, spiegò a Targén ciò che doveva fare: «Per prima cosa, questa mattina bisogna andare a pulire il porcile, poi, se ti rimane tempo, dai una mano alla serva!».

«Vada pure, signor padrone» rispose il ragazzo, «vedrà che quando torna a casa sarà contento!».

Il padrone partì, ma Targén, invece di lavorare, si mise nel porcile a dormire; verso le undici la serva lo chiamò per farsi aiutare a portare un secchio d'acqua, ma a mezzogiorno Targén era anco­ra là a dormire. Al ritorno, il padrone chiese alla serva: «Dov'è Targén?».

La donna rispose: «Oh, signor padrone, mi fa diventare matta! Gli avevo chiesto l'acqua, ma non l'ha portata; dice che deve ancora finire il suo lavoro».

Allora il padrone chiamò Targén, chiedendogli a che punto fosse. Targén rispose che doveva ancora cominciare.

Il signore allora gli chiese: «Ma... cosa hai fatto fino adesso?».

«Mi sono riposato signor padrone, che cosa voleva che facessi?».

«Avevo detto di aiutare la serva!».

«E va bene, adesso ci vado!».

Il giorno successivo, prima di andarsene il padrone disse: «Targén, prova di "far bene" oggi: aiuta la serva!».

«Non si preoccupi signor padrone» rispose, ma quando la serva lo chiamò non andò ad aiutarla.

A mezzogiorno il padrone andò da Targén e gli chiese se aveva pulito il porcile.

«Avevo cominciato, signor padrone, ma non ho ancora finito perché mi sono messo a riposare, ma vedrà che prima di sera finisco...».

«Cerca di "far bene", Targén, altrimenti...».

«Domani cercherò di fare meglio!».

La mattina dopo la serva doveva gramér2 il pane e pensò di fare uno scherzo al ragazzo, che nei giorni precedenti l'aveva sempre fatta arrabbiare. Invece di mettere nella gramola l'impasto del pane, vi mise una vecchia giacca e poi chiamò Targén a gramér. Il ragazzo si accorse subito dell'inganno e in cuor suo cominciò a pensare a come vendicarsi.

Più tardi la serva lo chiamò nuovamente, dicendo: «Targén vieni a fare fuoco per il forno!».

«Sono sempre pronto per far fuoco».

Dopo un po', quando il forno era molto caldo, la serva lo chiamò ancora: «Targén, vieni a sentire se il forno è abbastanza caldo!».

«Va bene» rispose «arrivo subito! Prima, però, preparo le pietre per chiudere il forno!».

Dopo che ebbe preparato le pietre, Targén andò dalla serva, ma, invece di infornare il pane, prese la donna per i piedi e la buttò nella bocca del forno, chiudendola dentro.

«Aiuto, aiuto!» gridava la povera donna, ma Targén non aprì, anzi, chiuse meglio con le pietre e se ne andò dietro al fienile, dicendo: «Povero me, quando arriva il padrone ne sentirò delle belle, gli ho arrostito la serva!».

Quindi apparecchiò la tavola, sfornò quell'"arrosto speciale", lo tagliò in tanti pezzetti e preparò i piatti.

Recatesi poi nella camera da letto della serva, prese una scopa e la mise sotto le coperte con un bel mucchio di vestiti e un fazzoletto in testa, per fingere che la donna fosse a letto. Quindi, se ne tornò dietro il fienile.

Al suo arrivo, il padrone cominciò a chiamare la serva: «Maria, Maria, dove sei?».

Nessuna risposta.

Allora chiamò anche Targén, ma nessuno arrivò. Entrò in casa e vedendo la tavola apparecchiata e sentendo odore di arrosto disse: «Accipicchia, che bell'arrosto!». Andò nella camera della serva e chiese: «Maria, che cosa fai a letto a quest'ora?».

Non udendo alcuna risposta si avvicinò al letto e tirò il fazzoletto, ma si accorse che al posto della serva c'era una scopa ed esclamò: «Povero me, povero me chissà che cosa avrà combinato Targén!». Scese in cucina e guardando meglio nei piatti gridò: «Accipicchia! Questa volta l'ha fatta grossa! Mi ha arrostito la serva!».

Andò fuori a cercare Targén e gli chiese perché avesse fatto una cosa così brutta.

«Senta mo', signor padrone, ero proprio stanco di quella serva: voleva ingannarmi! Questa mattina, prima mi aveva fatto "gramare" una giacca, poi aveva acceso il forno e voleva che io andassi a sentire se era caldo. Allora ho perso la pazienza,l'ho presa e l'ho messa dentro. Il forno era caldo e la serva si è cotta arrosto, poi l'ho tagliata in tanti pezzi e li ho messi nei piatti, così un'altra volta impara a fare la furba».

Il padrone sconsolato disse allora: «Ho capito, è meglio che torni a casa tua».

Quando arrivò dai suoi, Targén disse: «II padrone ha detto che non ha più bisogno di me», ma non raccontò quello che aveva combinato.

Allora suo padre andò a chiedere al padrone il motivo per cui aveva rimandato Targén a casa propria e questi rispose: «Mi ha cotto la serva arrosto, e io che cosa potevo fare? Vendo la mia tenuta e me ne vado lontano!».

 

 

 

Racconto di Ardea Brazzi

Tratto da: "I nonni raccontano ancora". Favole, storie e storielle del mondo contadino, Pendragon, 2006.

Pubblicazione a cura del Comune di Medicina

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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