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L'IRIDE FINALMENTE A CASA

Iride e Ivo

Cosa posso dire? Che ormai questo è il terzo racconto che scrivo e quindi posso dire il terzo capitolo della mia vita.
Voglio dire che, dopo i racconti della mia gioventù durante la guerra, questo è il mio dopo guerra, un po' in tutti i sensi. . .
Posso dire che è la rinascita, e per me è proprio così: la ricostruzione e l'incontro col mio amato marito.

 

Per chi non ha letto i miei precedenti racconti, mi ripeto dicendo che abitavo a Villa D'Aiano, sulle nostre colline. Il mio Ivo, anche se il paese era piccolo e ci si conosceva tutti, beh proprio lui io non lo conoscevo mica...
Anche lui, come la gente della nostra epoca aveva avuto una vita travagliata, anche perché era rimasto orfano da bambino. Allora era una disgrazia nella disgrazia, dal momento che si viveva in un periodo di povertà che poi è sfociato nella guerra.
L'anno in cui rimase orfano aveva poco più di sette anni.
Nevicò tanto che non si riusciva a girare per gli stradelli su da noi. Capirete che non c'erano i mezzi di oggi come gli spalaneve o altro. Tutto veniva fatto a mano, con i badili. Si faceva "la rotta" cioè un sentierino che ti permetteva di poter passare a piedi ma che però si ricopriva immediatamente di neve. Non parliamo poi dei tetti delle nostre vecchie case. Erano stracolmi e appesantiti dalla neve, tanto da diventare pericolosi, in quanto potevano crollare o potevano cadere lastroni di neve creando pericoli per chi ci abitava.
Suo padre quel giorno era indaffarato proprio sul tetto del fienile che stava crollando, e con una lunga scala cercava di alleggerirlo per scongiurare questo evento. Purtroppo era solo, non poteva farsi aiutare dalla mamma di Ivo perché era in attesa dell'ultimo figlio. La tragedia avvenne così... il soffitto crollò su di lui mentre cercava di puntellarlo e non ci fu più nulla da fare. Lei rimase sola con cinque figli, fra cui Ivo ancora piccolo e l'ultimo che sarebbe nato da lì a poco.
Sebbene Ivo andasse ancora a scuola si sentì investito di un compito più grande della sua età.
Doveva e voleva far fronte ai bisogni della sua famiglia aiutando Ia madre. Un contadino dei dintorni aveva bisogno di qualcuno che gli facesse pascolare il suo gregge di pecore per poche ore al giorno, e Ivo andò, anche se per pochi soldini, ma anche il poco diventava tanto e tutto per
aiutare la sua mamma!


Arrivava a scuola sempre in ritardo, ma la maestra aveva il cuore grande ! Gli perdonava tutto perché conosceva il motivo. A pensarci adesso mi fa ancora tanta tenerezza, questa sua grande volontà. Le disgrazie o ti distruggono o ti fanno diventare adulto molto in fretta!
Quando raggiunse i quattordici anni andò a lavorare da un agricoltore fino all'età in cui partì militare, lui e il suo migliore amico e, dal momento che avevano la stessa età partirono assieme. C'era ancora la guerra. Rimasero un periodo in trincea e poi divennero partigiani, su per i nostri
boschi, fino alla fine del 1945.
Riuscirono a tornare salvi dalle loro famiglie.
Lo conobbi in quel periodo, e posso dire che non si era fermata la sua grande voglia di impegnarsi.
Prima doveva aiutare la madre e i fratelli piccoli, poi ci fu il periodo obbligato della guerra e ora... Beh i fratelli erano cresciuti e lavoravano.
Ora era lui che si doveva sistemare.
Mi aveva conosciuto.
E' stato un colpo di fulmine per entrambi. Ma c'è sempre un ma!
Non c'erano i mezzl! Come avrei voluto trovare nel bosco una bella fatina che mi faceva comparire una bella casetta... ma la fatina c'è solo nelle fiabe. Io però avevo il mio principe azzurro. Un principe povero ma ricco dentro che cercò a modo suo di risolvere con le sue belle mani la
situazione.
A Bologna c'era una Azienda agricola in Via San Donato che cercava dei braccianti, ma cercava anche una famiglia che si prestasse a fare da custode all'azienda stessa lasciandole una casetta vicino alla casa padronale.
Ivo partì immediatamente con la sua famiglia per Bologna, e mi lasciò a villa D'Aiano veramente per poco tempo, quello necessario per essere sicuro di avere il lavoro e la casa e tornare da me. Ci sposammo e andammo ad abitare in quella casetta con la sua famiglia.
Il giorno che mi sposai lo ricordo come fosse accaduto oggi!
Mia mamma mi chiamò nella sua camera da letto e con grande modestia e anche con tanta apprensione, perché sapeva che avrebbe potuto darmi poco, mi disse: "Bambina mia lo sai che non abbiamo niente, e non hai neppure la dote. Cosa posso darti in questo giorno per renderlo
speciale?! Sai anche tu quanto poco abbiamo!"
Andò verso il letto, piegò il copriletto delle feste con tanto amore, lentamente, con cura, accatezzandolo ad ogni piega e lo mise in una borsa. Poi andò verso il comò e, da una scatola che nol figli non abbiamo mai aperto e neppure saputo cosa contenesse, tolse I'unica moneta di 500 lire e la mise assieme al copriletto.
Mi guardò con tanta infelicità negli occhi, perché per lei era poco quello che faceva.
Io invece ero come impietrita, il suo amato copriletto che metteva due volte all'anno per le feste di Natale e Pasqua, fatto con una stoffa damascata e per I'epoca costosa. Il suo copriletto, il suo ricordo e me lo donava perché rimanesse a me! Mi tornò in mente la fatina e pensai: "Ma va là, quella muovendo una bacchetta magica mi dà quello che voglio, ma mia madre, beh mia madre ancora una volta mi aveva donato con pochi gesti il suo cuore!".


Ivo ed io eravamo finalmente assieme e felici e lui era felice anche perché aveva sistemato la sua famiglia.
I mesi passarono in fretta e presto i fratelli divennero irrequieti. Beh la gioventù è così, e li capivamo. A Villa D'Aiano c'erano i loro amici e soprattutto le ... fidanzatine.

Dopo poco ripartirono con la mamma, tornarono in montagna e ci lasciarono alla nostra vita da sposini.
Mica soli però, o per lo meno, mica per tanto.
Dopo pochi mesi arrivò il mio primo tesoro, così bello e tenero. Quello che avevamo tanto desiderato: la Vanna!!!
Una splendida bambina, sanissima e bellissima.
Ora ci si doveva rimboccare le maniche, trovare una casa nostra e un lavoro.
All'Azienda agricola serviva una famiglia grande, con più braccia che lavoravano, visto che ora si era ristretta con la partenza dei suoi.
Si ricominciava.
La mia cara sorella Fernanda lavorava come cuoca a San Michele in Bosco in una famiglia agiata. Avevano bisogno di una cameriera alla quale avrebbero anche lasciato una casetta nel parco per la famiglia senza pagare I'affitto e con uno stipendio. Accettammo subito. Mio marito trovò un
lavoro come manovale presso I'impresa Frabboni. Era la prima esperienza di quel tipo per lui, ma la sua volontà era grande e poco dopo divenne così bravo che il manovale serviva a lui...
Io e Ia mia bambina avevamo il permesso di mangiare dentro la villa ma... in cucina, assieme a mia sorella e a sua figlia Gianna. Avevano circa la stessa età e assieme si sono divertite e sono cresciute quasi come sorelle più che cugine. Avevamo un bellissimo parco a loro disposi zione
dove giocare.
Il mio Ivo quando tornava a casa la sera spesso si incantava a guardareun pezzo di terreno incolto che era vicino alla villa.
Ebbe il permesso di poterlo curare ed adibire ad orto di modo che la ricca famiglia potesse usufruirne tutto il tempo dell'anno e, a sua volta, anche noi.
Insomma abbiamo vissuto bene e in armonia, ma cosa manca ad una famiglia? Quell'ambiente dentro cui dici proprio la fatidica frase: "Sono finalmente a casa mia!"
Questo desiderio è iniziato così, piano piano, e poi sempre più impetuoso. Nonostante si era trattati bene, eri sempre e comunque in un posto non tuo, dove comunque ci si sentiva osservati e non sempre eri a tuo agio.
Una sera lvo, dopo aver zappato I'orto, mi disse:
"lride, ora abbiamo due stipendi! E' il momento giusto per pensare alla nostra famiglia, a noi. Non credi che potremmo azzardarci a comprare una casa tutta nostra? Cosa dici?"


"Ivo una casa per noi, per la Vanna! Sarebbe proprio un bel sogno !"


E la casa c'era, sempre a Bologna, vicino al mercato ortofrutticolo. Durante il dopoguerra in quella zona stavano ricostruendo tanti appartamenti. Ne vedemmo uno e immediatamente pensai: "Eccola finalmente! Ecco Casa!"


Ma i soldi?! L'altra mia sorella si offrì di prestarceli, ma io sono cresciuta col senso dell'onestà e del dovere e, pur accettando I'offerta della mia cara sorella, piano piano le restituimmo tutto perché, come noi, non era benestante.
Quel po' che aveva ce lo aveva dato col cuore per sollevarci in fretta da questo problema!
Vedete questi sono i primi anni di questa vita in comune, con tanti sacrifici e rinunce.
Le abbiamo fatte tutti compresa la mia cara Vanna, proprio figlia nostra, piena di responsabilità. Pur di non pesare sulla economia di casa, dopo le elementari fece subito I'avviamento commerciale ed andò a lavorare poco più di bambina.
Quanto mi è pesata questa sua scelta, tanto e ancora tanto. Ma così abbiamo vissuto dentro "Casa Nostra".
Voglio interrompere così questo racconto, anche perché i ricordi commuovono tanto e spezzandoli, come sto facendo, mi fa meno male ricordare le cose spiacevoli, ed anche quelle belle. Sono legate ad una persona, il mio Ivo che ora non è più qui con me.
Ma questo racconto non è finito, e se ne avrò I'opportunità, e il tempo per farlo, perché ho 90 anni e' sono tanti, beh... mi piacerebbe raccontare dell'altro mio tesoro che ho avuto!

 

 

Racconto di Iride Bernabei

Casa Protetta di Granarolo dell'Emilia

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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