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Il cappotto

Orianna Musiani sposa di Paolino Pinghini
Orianna Musiani sposa di Paolino Pinghini, 9 gennaio 1949

Ricordo da sempre, ed è sempre nella mia mente quando sette tedeschi entrarono nella grande e vecchia casa nella campagna granarolese. Erano gli anni del secondo conflitto mondiale, avevo sedici anni. Ci dissero che dovevamo uscire tutti. Tutte le donne e i bambini. In casa c'eravamo la nonna, mia mamma e noi due bambine e mio fratello di otto anni. Gli uomini erano in campagna, nella stalla o nella cascina a fare mazzi di "bruscoli" (fasci di ramoscelli di potatutra). lo urlai, la nonna mi disse di calmarmi ed io sfidai i tedeschi. "Voglio il cappotto, fa freddo." E scappai verso le scale, di mattone rosso per salire nella stanza. Quei gradini erano freddi anche d'estate. Gli stanzoni erano per più persone. Nella casa c'era anche il granaio, dove si conservava il grano e dava una strana immagine aprire la porta e vedere una montagna altissima di chicchi marron chiaro. Ma era il nostro sostegno per la farina, il pane e i dolci. Era Il nostro pane e a volte era anche il nostro companatico. Un tedesco obbedì all'ordine di seguirmi, io salii le scale, agguantai il cappotto vecchio e consumato e mi rallentavo sempre più, non potevo pensare di lasciare quel casone, di non vedere più il babbo e il nonno, di pensare che la famiglia si sarebbe spezzata, e io e mia sorella che avremmo fatto,senza di loro? E nella mia testa si faceva sempre più spazio che dovevo trovare un pretesto, dissi al tedesco, "Mantella, guanti", e mi avvicinai all'armadio,lui mi incitò a scendere di nuovo le scale. Mi tremavano le gambe, sapevo che il tempo della nostra permanenza era legato a quelle scale, alla mia discesa. E forse anche la nostra vita era stretta tra la scala e l'uscita dalla porta. Niente mantella,niente guanti. Il tedesco mi spinse con il fucile e dovetti scendere. Gli uomini erano arrivati, li avevano separati da noi e confinati nel cortile. La nonna, mia sorella, mio fratello rimasero nella casa di Granarolo guardati da un tedesco. lo,mia mamma e tutti gli uomini fummo condotti a Veduro, in un ampio cascinale e restammo sorvegliati, in attesa dell'ordine di fucilazione. l militari che ci accompagnarono si divisero, una parte restò con noi, l'altra ritornò a Granarolo, dai nostri familiari. Nel mio cuore sapevo che la casa sarebbe stata incendiata e i miei cari non li avrei più visti. l racconti della guerra, quello che gli uomini si dicevano in casa portavano questi resoconti. La sorte, il destino venne in aiuto a chi era sorvegliato a Granarolo. 

Da poco tempo un tedesco, Ferdinando, di ritorno dal fronte,era ospite nella casa di Granarolo, e in quel momento arrivò nel cortile. (Questa parte mi è stata raccontata) Vedendo la porta spalancata e la nonna in lacrime, le disse: "Mamma, che piangi?" Lei gli rispose: "Son venuti i tedeschi". Uscì il tedesco con il fucile in mano, immediatamente lui comprese che il silenzio e nessun movimento nei campi, nella cascina e nella stalla segnava l'abbandono costretto dell'altra parte della famiglia. l due tedeschi si parlarono, concitati. Il tedesco che era di nostra guardia, rimase immobile; Ferdinando, prese la bicicletta e corse a Veduro (da noi}. Lo vidi arrivare, e pensai, che forse non era più freddo, e che quei guanti e la mantella, li avrei ritrovati e riusati, solo per il freddo dell'inverno. Ci fu una chiacchierata lunga, tra il tedesco Ferdinando e il gruppo di sorveglianza. L'unica certezza, che si doveva assicurare, e testimoniare al gruppo di militari,era la non esistenza di "intrusi" nella famiglia, come componenti o come ospiti o come clandestini. Ferdinando diede parola di questo. Ferdinando, il tedesco, con la bicicletta a mano riaccompagnò tutta la famiglia a casa. Chi era rimasto di sentinella a mia nonna,mia sorella e mio fratello se ne andò. La nonna disse il rosario, il nonno in ginocchio, davanti a casa, si tolse il cappello e pregò. La nonna ci disse: "Bambini, una preghiera, anzi un rosario, anche se non è tempo di maggio. E' sempre tempo per dire grazie di esser salvi. E' anche tempo di pregare perché ci sono uomini che non si sono lasciati trasportare dalle differenze imposte".

 

 

Racconto di Orianna Pinghini, Granarolo dell'Emilia

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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